È meglio scegliere la medicina convenzionale o quella alternativa?
Per quasi tutta la vita ho sofferto di atroci mal di testa e nessun dottore ha ritenuto opportuno farmi eseguire una tac o una risonanza magnetica al cervello. Ogni volta i medici hanno dato spiegazioni differenti: sbalzi ormonali legati al ciclo mestruale, problemi legati alle vertebre cervicali, a causa di scoliosi e dismetria degli arti inferiori, periartrite bilaterale, lussazione della mandibola dovuta a vari incidenti in bicicletta, bruxismo notturno – ovvero l’atto involontario e spesso non avvertito di stringere e digrignare i denti durante il sonno, non ultimo uno squilibrio muscolare della spalla destra operata per un dermatofibroma, una proliferazione benigna del tessuto connettivo. Queste sono state nel tempo le numerose diagnosi che hanno dato i vari specialisti interpellati, mentre le mie cefalee continuavano imperterrite, facendomi ricorrere di volta in volta a fisioterapisti, massaggiatori, osteopati, chiropratici fino a rivolgermi alla medicina del dolore, il tutto senza successo. Eppure molti segnali sopraelencati, una volta compresi che erano legati all’angioma congenito al cervello, avrebbero dovuto instillare almeno un dubbio a quei medici che appartengono alla categoria della medicina convenzionale. Purtroppo la medicina occidentale parcellizza e suddivide la singola persona in un insieme di organi, in molteplici parti del corpo da visionare. In tal modo si frammenta il paziente, che si trova a essere valutato e vagliato più come una “macchina” umana da aggiustare o riparare piuttosto che essere esaminato come uomo nella sua interezza, col risultato che vengono visti solo gli effetti che si verificano nel corpo o negli organi e non si studiano le cause.
Così in base alla mia esperienza da qualche anno mi sono rivolta alle medicine alternative o complementari, terapie non convenzionali, che agiscono sull’interconnessione mente-corpo e che considerano l’individuo come un tutt’uno integrato, in cui ogni minima modifica va a interagire su tutte le sue componenti, Particolarmente curiosa assisto a una seduta di “The Light of Life”, una canalizzazione dell’energia cosmica, condotta da Howard Lee, che stimola il ristabilimento fisico, emotivo e spirituale nell’individuo www.thelightoflife.com. Dopo qualche anno parto per l’India per una serie di trattamenti di medicina ayurvedica, yoga e meditazione, che mi aiutano a migliorare la circolazione sanguigna del lato emiparetico. Secondo l’Ayurveda, considerata la medicina tradizionale più diffusa e ben integrata nel sistema sanitario nazionale indiano, il corpo fisico è pervaso da tre dosha (energie vitali) in proporzioni diverse, che determinano tramite il loro stato di equilibrio o squilibrio rispetto alla costituzione individuale lo stato di benessere o di malattia. Al mio rientro mi avvicino alla pratica del Reiki, una disciplina che permette di ripristinare la connessione energetica vitale tra l’uomo e il cosmo, attraverso l’armonizzazione dei punti chakra. Infine con Luca Vignali, inizio la terapia del suono e di altre modalità vibrazionali, con le quali è possibile instaurare un bilanciamento degli squilibri e ristabilire la normale frequenza che è alla base della salute www.musicatantra.com.
Torniamo alla mia domanda iniziale: è meglio la medicina tradizionale o quella olistica? Se nella cultura cinese o nella tradizione africana sono proposte regolarmente terapie quali l’agopuntura o la fitoterapia, dalle cui piante si estraggono i principi attivi dei comuni farmaci, da noi è ancora molto diffusa l’incredulità o lo scetticismo rispetto a certe pratiche. Pur riconoscendo la valenza degli strumenti diagnostici della scienza ufficiale e l’enorme progresso nel campo della neurofisiologia, della biologia e dell’ingegneria molecolare, credo, comunque, debba esserci, una volta stabilita una diagnosi, la libertà di scelta nell’adottare il metodo di cura che riteniamo più idoneo a ogni singolo caso e, quindi, che il sistema sanitario nazionale dovrebbe farsi carico anche di eventuali prestazioni non convenzionali. Ciò che ritengo fondamentale, oltre ai contributi medici e tecnologici che giorno dopo giorno si aggiungono in una lista interminabile, è la capacità della nostra mente di controllare la nostra guarigione. Bruce Lipton in maniera chiara e semplice, al tempo stesso scientifica e autorevole, ci spiega come le scoperte inoppugnabili dell’ultimo secolo dimostrano che i geni stessi sono controllati dalle percezioni dell’ambiente che ci circonda. Anche Enzo Soresi, tisiologo, anatomopatologo, oncologo, primario di pneumologia al Niguarda di Milano, racconta nel libro Il cervello anarchico casi di persone uccise dallo stress o salvate dallo shock carismatico della fede. Negli studi di neurobiologia, ha maturato la convinzione che sia proprio qui, nell’encefalo, l’interruttore in grado di accendere e spegnere le patologie non solo psichiche ma anche fisiche. Infine, in Evolvi il tuo cervello Joe Dispenza fornisce una prova attendibile che indica la via per comprendere quanto il cervello sia veramente malleabile, proprio come noi. “Ho assistito a straordinari miglioramenti delle condizioni di salute in persone che si liberano di vecchie abitudini e cominciano a provare e riprovare mentalmente un nuovo stato d’essere, riuscendo a dimostrare fisicamente ciò in cui si sono esercitati con la mente”.
Con questo non voglio creare facili illusioni o alimentare vane speranze, ognuno di noi deve avere il diritto di scegliere qual è la strada che ritiene più opportuna e pensare che la nostra volontà e determinazione siano il motore del rinnovamento.
Credeteci e lasciatevi stupire!
In aggiunta alle altre letture vi consiglio “Le leggi del pensiero” di Voldben.
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