Moreno Vaccargiu è un “eroe romantico” agli occhi di chi lo conosce bene. Nella realtà è un marito ed un padre amorevole dalla storia interessante.
Oggi Disabili DOC vi propone l’intervista di Moreno Vaccargiu, marito di Vanna Menegatti, che vi abbiamo presentato ieri attraverso la prima parte dell’intervista che racconta la sua vita e parla del romanzo autobiografico “Bella a metà”.
Oggi però il protagonista è Moreno.
Nel titolo e nell’intervista ho definito Moreno come “eroe romantico” ma di fatto, come lui stesso ci dice, non lo è. È semplicemente una persona di ampie vedute che ha fatto scelte evolute per la propria vita rendendo felice se stesso e completando l’esistenza di una donna Disabile che sognava l’amore.
Conobbi Moreno quando mi presentarono Vanna. Mi piacque immensamente, è una persona schietta, semplice, immediata e decisamente aperta. Credo anche che sia una persona speciale cresciuto da una famiglia altrettanto speciale perché l’intelligenza la si può coltivare ma più spesso la si eredita da chi ci cresce.
Non mi voglio dilungare oltre per descrivere un amico che si racconta molto bene nell’intervista che trovate qui di seguito. Vi auguro quindi buona lettura certo che le parole di Moreno faranno riflettere molte persone siano esse Disabili o normodotate.
D: Carissimo Moreno, ho avuto il piacere di conoscerti come marito di Vanna Menegatti. Tu per Disabili DOC sei un protagonista con la “P” maiuscola, prima però di spiegarti il perché raccontaci chi è Moreno.
R: Sono un uomo di 52 anni che è a fianco della donna che ama, con cui ha due figli e conduce una vita semplicemente normale come tante coppie normodotate, che non ha sensi di colpa o rimpianti per ciò che poteva essere o ciò che è stato. Conduco una vita piena, a volte anche troppo, quindi impongo le mie pause agli impegni con qualche lavoretto manuale qualche hobby senza sentirmi in colpa di non fare niente. Come in tutte le famiglie ci sono alti e bassi, problemi da risolvere, ma l’amore tra me e Vanna non è mai venuto a mancare, insomma una vita normale.D: Nell’immaginario collettivo non credo che esista una persona normodotata che immagina, o desidera, di trovare una persona Disabile da sposare. Anzi, solitamente siamo portati a sognare il bello, il meglio e ciò che ci stuzzica di più. Tu sei diventato il marito di una donna Disabile, non sei una mosca bianca ma sei certamente una persona speciale che ha saputo fare una scelta fuori dall’ordinario. Cosa vuol dire essere il marito di una donna Disabile?
R: È certo che sono passati gli anni dove i disabili in famiglia venivano nascosti o allontanati dalle spiagge perché i normodotati potevano rimanere impressionati e andarsene. È comunque una lotta sottile infinita stare al fianco di Vanna perché quello che indigna lei indigna anche me. Essere il marito di una donna disabile oggi dopo trent’anni al suo fianco per me è abbastanza semplice, ma all’inizio è stata dura perché a volte è stato difficile trovare la marcia giusta per stare al suo fianco, la vita frenetica a causa del viaggio verso il lavoro, dei turni, bambini all’asilo e via dicendo non mi ha permesso di capire a fondo la situazione. Diciamo che un normodotato che vive con un disabile deve più spesso di altri osservare prima di agire.
D: Il vostro amore ha costruito prima una coppia e poi una famiglia completata da due splendidi figli. Qual è stato il percorso che ha portato a tutto ciò? Certamente l’amore. Racconta però ai nostri lettori le tappe più importanti di una vita che potrebbe essere di modello per molti.
R: La prima tappa, la più importante è stata quella di essere certi di voler iniziare un percorso che portasse ad una famiglia con dei figli. La seconda e stata di concretizzarla con Christian e Gabriele, ma da qui in poi non parlerei più di tappe ma di un percorso lento ma inarrestabile dove la vita tante volte ci ha messo a dura prova ma non è mai, dico mai venuto a mancare l’amore ed il rispetto tra di noi e la consapevolezza di chi siamo l’uno per l’altro.
D: A differenza di Vanna io ho fallito sul piano sentimentale, non sono riuscito a costruire una coppia durevole. Ho sempre incontrato da parte delle possibili partner molti timori, molti di questi inculcati nelle loro menti dalle famiglie che desiderano per la propria figlia il meglio. Io penso che tu sia una persona speciale ma sono anche convinto che tu appartenga a una famiglia speciale. Come ha recepito la tua famiglia la notizia che ti eri innamorato di una donna Disabile?
R: Non sono d’accordo con il termine che usi: fallito. Ogni storia sentimentale ha un inizio e una fine, questa esperienza va usata per una storia successiva per evitare gli errori che si possono fare da entrambe le parti. Le partners che troverai avranno sempre la mente offuscata dalla famiglia ma questo non può impedire che lei tenti e riesca ad usare la sua testa. La mia famiglia ha mostrato solo nei miei confronti una perplessità al contrario, quando a mia madre ho detto che mi vedevo con una persona disabile mi ha detto “non farla soffrire”. È incredibile come nessuno pensi il contrario cioè che sia una persona disabile che possa prenderti in giro. Comunque oggi dopo trent’anni tutta la mia famiglia stravede per Vanna, bisogna solo dare alle parti il tempo per capirsi.
D: L’amore che c’è fra te e Vanna è grande. La sua grandezza si manifestò certamente nel voler costruire una vita completata da prole. Mi ricordo che sconsigliarono a Vanna di tentare la via della maternità. Tu come vivesti questo momento e cosa ti ricordi del primo tentativo che avrebbe poi dato alla luce il vostro primo figlio?
R: Si ci sconsigliarono la maternità ma all’epoca c’era molta ignoranza anche scientifica, medici, amici e qualche famigliare vedevano la disabilità di Vanna quasi come contagiosa verso la prole. A noi non hanno mai interessato le paure degli altri, il tempo ci ha dato ragione. Quando è nato Christian si è aperto un mondo nuovo per tutti e due che ha consolidato la nostra unione e con determinazione abbiamo anche voluto Gabriele che ha chiuso il cerchio famigliare.
D: Per ricollegarci alla domanda di prima, cosa significò per te diventare papà in una situazione che descrivevano come delicata?
R: Tutti diventano padri o madri per la prima volta, chi può sapere come andrà? Certo abbiamo pensato che qualcosa poteva andare storto perché la matematica ci dice che ogni tanto può succedere, poteva nascere focomelico, down, cardiopatico, e allora? Io vedevo Vanna con la sua disabilità e pensavo: “Be che sarà mai?”. Ci riesce Vanna ci riusciranno anche i figli.
D: Tu sei di fatto, credo, il protagonista più importante di “Bella a metà”, un eroe romantico per molti. Tu come vivi il ruolo di marito non di Vanna ma di “Bella a metà”?
R: Sinceramente faccio fatica a immedesimarmi nel ruolo perché reputo di non essere un eroe ma piuttosto una persona con pregi e difetti che ha puntato tutto sulla costruzione di una famiglia. Il libro di Vanna è autobiografico e tante persone non hanno creduto fosse tutto vero, pensavano fosse un misto di romanzo e verità. Il finale del libro mi imbarazza sempre perché a me piace vivere in discrezione mentre invece Vanna non ha problemi ad interfacciarsi con facebook, interviste, libri, quindi leggere che si parla di me come il principe azzurro ti lascio immaginare l’imbarazzo, ma come diceva qualcuno: “tutti hanno i propri cinque minuti di notorietà nelle vita”.
D: Negli ultimi tempi vi seguo su Facebook e vi vedo ultra dinamici sulla vostra motocicletta. Vivere accanto a una persona Disabile vuole anche dire godersi la vita, viverla al massimo delle sue potenzialità senza sprecare opportunità. Qual è il vostro segreto? Cosa potresti raccontare al popolo dei dormienti per dargli una svegliata e fargli comprendere che molte delle cose che si immaginano impossibili sono invece possibili?
R: È vero siamo ancora molto dinamici, ma abbiamo accettato un compromesso che va bene a tutti e due, meno musei, chiese e centri storici (chiusi anche ai disabili) e molta natura, montagne, paesaggi. Oltretutto pensa che siamo in Europa il popolo che risparmia di più e che riesce a farsi il gruzzoletto in banca benché abbiamo gli stipendi più bassi. Finché non riusciremo a capire che mettere sempre e solo da parte senza mai concedersi niente immotivatamente vuol dire smettere di vivere a pieno non saremo a pieno felici. Il nostro segreto è guardarsi negli occhi e dirsi: “dai lo facciamo”… alla fine del mese forse saremo più poveri ma anche molto più felici.D: Moreno, tu mi conosci, visto nel complesso non ho una grande opinione del mondo dei Disabili italiani. Sono convinto che ci siano figure che sono riuscite a eccellere in moltissime situazioni ma sono anche convinto che ci siano molti Disabili schiacciati dal peso di quella “D” che diventa ancora più gravosa per l’ignoranza di chi li affianca. Tu hai sposato una donna Disabile, non sei l’unico ma non siete in molti ad aver raggiunto questa meta. Quali parole potresti utilizzare per dare due sberle morali a Disabili e normodotati ciechi e impauriti da situazioni non ordinarie?
R: Come dico sempre a Vanna non c’è differenza di casistica tra disabili e normodotati, in queste categorie tra loro trovi sempre l’ignorante e l’intelligente, il cattivo e il buono, l’onesto ed il disonesto. Uno dei pensieri comuni più difficili da combattere in Italia è considerare “poverino” il disabile, decenni di questo pensiero hanno spinto la maggioranza dei normodotati a valutare fin da piccoli solo l’aspetto fisico del disabile tralasciando le doti morali e qualità del pensiero, dell’intelligenza.
Dall’altra parte invece, purtroppo, questo accade di più in Italia, il disabile si è abituato negli ultimi cinquant’anni a sudare e lottare per tutto quel che gli serve per vivere dignitosamente e quindi si è incattivito verso un mondo fatto in maggioranza di normodotati. Non credo ci sia una predisposizione che attiri sentimentalmente disabile e normodotato, credo che manchi la cultura di non mettere paletti e limiti all’amore.
D: Moreno, oh mio eroe, concludi con parole tue un’intervista che ti inserirà di diritto fra i Protagonisti DOC.
R: Come ti ho già detto non mi sento un eroe, però permettimi di dire che mi sento fuori dal comune, libero da pregiudizi e da catene che alcuni normodotati hanno inventato.
Fortunatamente è una minoranza, siamo abituati a giudicare i normodotati quando ti occupano il parcheggio invalidi o quando non ti fanno entrare in un ristorante ma la stragrande maggioranza opera nel silenzio più assoluto donando amore gratuito e disponibilità verso persone disabili o solo bisognose. Ma nell’epoca dei falsi invalidi il disabile è guardato a vista quindi può approfittare di questa visibilità per far notare le sue caratteristiche, le sue qualità e dare agli altri esclusivamente quello che può, senza portarsi dietro un senso di colpa per non aver fatto mai abbastanza.
Grazie Moreno
Ringrazio Moreno per averci concesso questa intervista e spero di ritrovarlo Protagonista su Disabili DOC. Caro Moreno la tua storia è una bella storia che ha regalato beltà anche ad altre.
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