Sergio Albertini è l’orgoglioso Papà del del suo figliolo, del suo D-Eroe. Sergio Albertini è anche un esempio di protagonismo per la sua forza di raccontarsi e di far comprendere come si può vivere la disabilità pur non essendo Disabile.
Questo articolo è la terza testimonianza regalataci per la nostra operazione culturale
“Pensate a noi, pensando a voi”, questo è il giusto input, la chiave per aprire nella mente delle persone, che la disabilità non la vivono, la strada verso la comprensione.
E’ proprio la comprensione, che spesso viene confusa con la compassione, a fuorviare le menti delle persone, che vedono la disabilità da fuori, senza coinvolgimento diretto.
Quello che ho sempre ricercato negli occhi delle persone, a partire dai miei genitori, è sempre stata la comprensione, non ho mai voluto la compassione, ma la percezione che le persone avessero capito cosa stavo affrontando.
Io non faccio fatica ad immaginarmi disabile, mio figlio mi rammenta quotidianamente cosa vuol dire.Mi ritengo una persona fortunata, penso che se il danno celebrale sopraggiunto prima del parto, fosse stato ancora più esteso, ci troveremmo in un mare in cui non saremmo stati in grado di nuotare.
Fortunatamente, mio figlio ora cammina, anche se è come un foglio di carta al vento ed ho fatto l’abitudine al raccoglierlo da terra, ma lui è un “indipendente”, non si arrende e questa è stata la sua forza, fin da quando non riuscendo a gattonare, avendo un’emiparesi destra, ha ben pensato di aggrapparsi alle sbarre del lettino, con la sola mano sinistra e tirarsi in piedi.
Abitiamo al primo piano di un villino, si devono fare 18 gradini per entrare ed uscire di casa, nonostante questo non abbiamo ricevuto nessun supporto dallo stato, perché “cammina” e quindi sta benissimo, me lo sono sentito dire dalla commissione per la richiesta della famigerata legge 104.
Sono stati comunque “umani” ci hanno concesso qualche euro per gestire le spese relative alle terapie e agli spostamenti.
Le barriere architettoniche sono un problema grave per tutti coloro che già devono reinventarsi una vita, tra mille difficoltà fisiche, ma ci sono anche le barriere invisibili, le barriere emotive.
Le persone “normali” non possono capire, è impossibile, devi essere un portatore di handicap o avere un familiare che lo sia, per cogliere veramente l’impatto emotivo che una situazione del genere è in grado di generare.
Le altre persone ti chiedono come va, magari anche con sincero interesse, ma un attimo dopo dimenticano, tu invece lo vivi ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.
Le barriere emotive ti inibiscono la vita nella stessa misura di quelle architettoniche e coinvolgo tutti i rapporti personali, perché tu cambi.
Cambiano le tue priorità, cambia la tua disponibilità verso gli altri e gli impegni si moltiplicano.
Dove lavoro, non hanno saputo o voluto recepire questo cambiamento, mi vogliono come prima, mi precludono le ore per poter seguire mio figlio e poi come se nulla fosse, mi chiedono: «Come sta!».
Nessuno si è reso conto della rivoluzione interiore che un padre e una madre subiscono prima, plasmano poi, per aiutare il proprio figlio e al tempo stesso se stessi nel gestire la propria sofferenza.
Per gli altri è semplice, ti dicono “devi saper accettare” e poi vanno dritti per la loro strada senza voltarsi, se ci sei bene, altrimenti ti lasciano li dove sei.
Non mi sento un Padre eroe, non mi nascondo, il problema, che affronto con mio figlio, ha tirato fuori il meglio, ma anche il peggio di me.
Gli eroi sono quegli uomini e quelle donne, che affrontano la propria disabilità a testa alta, superando gli ostacoli uno dopo l’altro.
Il mio eroe, ha quattro anni e mezzo e con la sua disabilità mi ha insegnato che non dobbiamo mollare mai, mi ha insegnato che una vita diversa esiste e possiamo realizzarla insieme.
Così ho ripreso a studiare, ho cambiato le mie priorità e cominciato a dare un significato diverso a cose, che davo per scontate.
La mia gioia più grande è stata sentire il suono della sua voce, quando finalmente, sei mesi fa, mio figlio a scandito un “dadà”: la parola più bella che io abbia mai sentito.
La pressione è tanta, gli ostacoli materiali infiniti e quelli emotivi possono essere devastanti, ma non lasciatevi travisare dalla visione, che ora avete della vostra vita, perché dietro l’angolo, appena un passo più avanti, c’è una vita diversa, ma ugualmente straordinaria, da vivere appieno senza perdere un attimo.
Sergio Albertini
Carissimo Sig. Sergio, c’è una cosa che determina fortemente la fortuna di una creatura Disabile: la qualità del pensiero dei Genitori. Ergo, sono giunto alla conclusione che suo figlio sia veramente fortunato, grazie e complimenti!
Inviateci la vostra immaginazione, le vostre storie rispondendo semplicemente alla domanda: «Se diventassi Disabile anche io?»
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