La LEDHA presenta e parla del libro di Giovanni Merlo. Un saggio che analizza la realtà delle scuole speciali in Lombardia.
La LEDHA ha pubblicato un bellissimo articolo dedicato al saggio di Giovanni Merlo che di seguito vi proponiamo. Leggetelo, fatelo vostro. Cercate di comprenderne le sfumature. Quello che rattrista – per quanto ci riguarda – non sono tanto le scuole “speciali” quanto, invece, il fallimento di un progetto inclusivo iniziato circa quarant’anni fa.
Di chi è la colpa? Di chi ama innovare privo di basi conoscitive su un tema che è tutt’altro che teorico o di chi negli ultimi 40 anni doveva difendere i diritti dei Disabili ma ha fallito nel pretendere dalle istituzioni quello che altre minoranze invece hanno ottenuto? Quanto può valere una Convenzione ONU difronte a un fallimento attuativo coretto?
Che avvenga in un modo o nell’altro in Italia si vuole gestire il Disabile. Sin tanto che quest’ultimo non diventerà protagonista di se stesso molti problemi non saranno risolti e continueremo a fare i parolai su basi squisitamente teoriche.
Ora vi lasciamo alle vostre personali riflessioni, buona lettura.
“L’attrazione speciale”
Un saggio di Giovanni Merlo analizza le scuole speciali in Lombardia e le ragioni che spingono molti genitori a sceglierle: mancata presa in carico globale delle famiglie, inerzia dei servizi, fatica della scuola a mettersi in discussione.
La risposta alla prima domanda è già una sorpresa: “Esistono ancora le scuole speciali?”. Sì. E non si tratta nemmeno di un fenomeno così residuale come si potrebbe pensare. Solo in Lombardia sono attivi 16 plessi, all’interno dei quali sono presenti 24 scuole speciali di cui cinque dell’infanzia, 17 primarie e due secondarie di primo grado. In totale, sono frequentate quasi 900 tra bambini e ragazzi. Nella maggior parte dei casi, si tratta di scuole annesse a centri di riabilitazione, con la sola eccezione di un istituto di Seregno, in provincia di Monza e Brianza. I bambini e i ragazzi che frequentano le scuole speciali in Lombardia rappresentano il 3,8% del totale degli alunni con certificazione in Lombardia. Sono alcuni dati che emergono dal libro “L’attrazione speciale. Minori con disabilità: integrazione scolastica, scuole speciali, presa in carico, welfare locale” (Maggioli Editore) scritto da Giovanni Merlo, direttore di LEDHA.
Al centro del racconto, una storia fatta di assenze e presenze, di frustrazioni e speranze. La storia dei bambini che (ancora oggi) frequentano le scuole speciali in Lombardia. La storia dei loro genitori che, nella maggior parte dei casi, valutano questa decisione come “la scelta migliore” per i propri figli, e non “il male minore”. Una storia in cui lo sfondo, risulta avere la stessa importanza dei personaggi in primo piano: a partire dall’immagine di quella “scuola per tutti” (come previsto dalla normativa italiana) che, evidentemente, così “per tutti” non è.
Un saggio – arricchito dai diversi contributi tra cui quelli di Salvatore Nocera e Matteo Schianchi, con la prefazione di Vittorio Barbieri – che racconta un mondo poco conosciuto e dai contorni sfuggenti. Quello delle scuole speciali è un fenomeno opaco, di cui si fatica a conoscere i contorni, anche legislativi. Non esiste, infatti, una norma chiara e precisa che ne definisca obiettivi e finalità. Le scuole speciali sono, in un certo senso, “fuori dalla legge”.
C’è poi una seconda domanda, attorno a cui ruota la costruzione del libro: perché i genitori scelgono la scuola speciale per i propri figli? Una scelta che contrasta con quell’idea di “scuola per tutti” prevista dalla normativa italiana, una scuola in cui i bambini e i ragazzi con disabilità hanno il diritto di sedersi nelle stesse classi frequentate da tutti i loro coetanei. Una scuola che – da quasi quarant’anni – sperimenta con successo un modello inclusivo che ha anticipato quanto poi previsto dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, mettendo al centro il tema dell’inclusione e della partecipazione piena alla vita sociale.
Parole cui, però, non seguono sempre i fatti. Attraverso il racconto e le testimonianze dei genitori che hanno scelto la scuola speciale intervistati da Giovanni Merlo emergono come elementi cruciali che determinano la “scelta speciale” fattori quali il peso della mancata presa in carico globale della famiglia, l’inerzia dei servizi specialistici, la fatica della scuola a mettersi in discussione. Si sceglie la scuola speciale perché viene percepita come la miglior soluzione possibile per rispondere alle esigenze del proprio figlio. La presunta inadeguatezza del sistema scolastico ordinario rispetto alle esigenze dei bambini e dei ragazzi con disabilità (oggi giustificata anche dai tagli alle risorse) rappresenta un’ulteriore spinta a scegliere questo tipo di istituti. Che, peraltro, registrano regolarmente liste d’attesa.
“Il crescente successo e suggestione dei percorsi di educazione separata sta mettendo a rischio alcuni diritti umani fondamentali dei bambini e ragazzi con disabilità. Certifica una graduale regressione della capacità della nostra comunità e del nostro sistema sociale di garantire a tutte le persone con disabilità la loro piena inclusione e partecipazione nella società”, spiega Giovanni Merlo.
Una regressione che è importante far emergere, di cui prendere atto. Non per accettarla come un fatto ineluttabile, ma per poterla definire come una inaccettabile lesione di quel principio di progressività, tipico della dottrina dei diritti umani che ci vincola a far sì che nel nostro contesto, sociale e professionale, vi siano solo “passi in avanti” nel rispetto e nella promozione dei diritti delle persone con disabilità. Una lesione dei diritti che riguarda tanto il presente, quanto il futuro di questi bambini e ragazzi, per i quali è stato preparato un percorso di vita “separato”, all’interno di contesti speciali dedicati esclusivamente alla loro assistenza e custodia.
Attenzione però, avverte Giovanni Merlo “a non confondere il sintomo con la malattia”. Le scuole speciali rappresentano un tentativo di risposta “seppure distorta e con effetti negativi sull’intero sistema sociale” a una situazione di lesione dei diritti dei bambini e ragazzi con disabilità che riguarda una platea di persone molto più ampia di quelle che ricorrono alle scuole speciali o ad altre forme di educazione separata.
“Il libro – commenta Tommaso Vitale, professore di Sociologia a Science Po di Parigi – riuscirà nel suo intento se sarà preso dal movimento delle persone con disabilità, non fatto proprio, ma letto e usato per riflettere, proporre e agire sul rapporto fra scuola pubblica e disabilità, ben al di là delle comunità professionali degli operatori sociali e degli operatori scolastici”.
Ledha
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