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Disabilmente al femminile: intervista a Serena Gnudi

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Conosciamo oggi una D-Donna, un donna con la “D” maiuscola per molte e differenti ragioni. Oggi Serena è protagonista su Disabili DOC.

D: Buongiorno Serena, oggi hai modo di essere protagonista su Disabili DOC. Iniziamo quindi a presentarti ha nostri lettori. Chi è Serena Gnudi come Donna e Donna Disabile?

R: Buongiorno a tutti e a te Carlo Filippo!
Chi è Serena Gnudi? Una donna di 47 anni, una donna disabile che odia piangersi addosso e far pesare la sua disabilità agli altri ma, essendo un intervista sono fra “virgolette” costretta a farlo.

Sono affetta da Atrofia Spinale Muscolare o comunemente chiamata SMA, si è manifestata a 15 mesi di età. Vi propongo un riassunto della spiegazione esatta della mia malattia che, secondo me, è utile per comprendere la mia storia.

L’Atrofia Muscolare Spinale (SMA) è una malattia delle cellule nervose delle corna anteriori del midollo spinale. Da queste cellule (motoneuroni) partono i nervi diretti ai muscoli, principalmente quelli più vicini al tronco. La diagnosi del tipo II della malattia viene quasi sempre formulata prima dei due anni di età, con una netta maggioranza di casi diagnosticati tra i 6 e i 18 mesi (a me è stata diagnosticata a tutti gli effetti a 30 anni tramite DNA).

I bambini affetti da questo tipo di patologia mostrano una generalizzata debolezza dei muscoli, tuttavia le modalità con le quali si manifesta la malattia sono differenti da bambino a bambino. Le persone con SMA sono spesso di intelligenza superiore alla media e in grado di sviluppare un notevole talento, nonché forti competenze in diversi campi.

Con sussidi appropriati per aiutare la mobilità e l’uso di altri ausili che possono facilitare l’indipendenza fisica, anche i più piccoli possono prendere parte attiva nella famiglia e nelle attività sociali. 
Il decorso della malattia è di solito cronico, con una aspettativa di vita fino ed oltre l’età adulta. 

D: Come sono stati gli anni della Serena bambina prima e durante la scuola dell’obbligo?

R: Anni bruttissimi.
Dentro e fuori da ospedali, medici, prano-terapisti, stregoni, esorcisti e … se ci fosse stato altro credo che la mia famiglia lo avrebbe fatto. Fino a quando ho detto basta su tutto. Per non parlare della scuola.

Disabile DOC – Serena GnudiCome prima cosa ho fatto l’asilo differenziale (qui accanto potete vedere la foto di quando Serena era all’asilo con altri compagni disabili, quella sotto alla freccia rossa è lei), allora non c’era l’inserimento dei disabili negli asili e nelle scuole dell’obbligo.
Quando finalmente ci hanno inserito nel mondo dei normodotati ci hanno buttato senza nessuna preparazione da parte degli insegnanti, alunni, genitori etc.

Spesso mi deridevano, mi lasciavano sola, non volevano giocare con me e … alle medie ancora peggio. Sebbene frequentai l’unica scuola con ascensore che mi accettò come disabile.

La scuola era lunghissima, con un corridoio lunghissimo. Come se non bastasse pensarono di mettermi al 3º piano e nell’ultima aula in fondo. Spesso l’ascensore era rotto e i bidelli non mi volevano portare su e giù quindi spesso mi toccò anche stare a casa da scuola.

L’insegnante d’appoggio, che avevo in terza media, non si scomodava per venirmi a prendere, nemmeno mi toccava, aveva paura di toccarmi, paura di farmi uscire dall’aula. Preferiva affidarmi ai miei compagni o ai bidelli.

D: Fino a quando si studia si vive e convive pubblicamente una parte della giornata. Dopo gli studi cosa hai fatto e come è iniziata ad essere la tua giornata tipo?
Disabile DOC – Serena Gnudi

R: Finalmente ho finito le scuole dell’obbligo e dopo tutte quelle difficoltà motorie, ma soprattutto psicologiche provocate da altri e non da me, decisi di continuare a studiare per trovarmi ancora peggio.

La voglia era zero e quindi decisi di frequentare una piccola cooperativa sociale di disabili dove ti aiutano a fare lavoretti manuali con lo scopo di farti sentire utile e, nello stesso tempo, fuori di casa.

La mia giornata tipo? Beh, ora dormo la mattina fino alle 9.30, colazione, qualche lavoretto in casa come telefonate ed altro per giungere a mezzogiorno, al pranzo. Dopo pranzo tre pomeriggi la settimana sono impegnata nella cooperativa sociale mentre negli altri pomeriggi faccio un riposino o vengono a trovarmi amici, parenti o ancora mi intrattengo con il pc. Il sabato e la domenica esco per fare shopping, passeggiare, frequentare circoli per divertimento, andare al cinema, mangiare una pizza con le amiche e …

D: Quanto a contato o conta la vita lavorativa nel gusto di “vivere” – e non sopravvivere – le giornate che si susseguono nella nostra vita come in quella di tutti?

R: Beh, la vita lavorativa sarebbe importante, come lo è per tutti ma c’è da sottolineare una cosa: per una persona disabile è più complicato perché innanzitutto bisogna vedere che tipo di disabilità si ha perché se il disabile non è autonomo non può appoggiarsi ad altri per chiedere sempre un aiuto al collega.

Il collega, se è buono e umano ti aiuta, ma lo potrà fare una volta, due, tre poi si stufa … anche perché non è obbligato. Il lavoro non esiste su misura, poi con l’attuale crisi scarseggia, figuriamoci se c’è per un disabile e a sua giusta misura. Sai, è come sempre, ci si deve accontentare sempre di tutto, si vuole la parità di diritti ma non siamo in grado di viverla, siamo pur sempre disabili.

D: Una delle grandi carenze che molti Disabili vivono e la vita affettiva – di coppia – e di conseguenza la sessualità. Come hai vissuto nei vari periodi queste necessità e come sono maturate nel tempo?

R: Beh, io ho sempre saputo, per quanto riguarda me, che la vita sentimentale e sessuale sono – nonostante la mia disabilità – come per tutti. Ho gli stessi desideri e necessità di tutti.

Certo, ho sempre lottato e, sto ancora lottando, per farmi accettare, (cosa che io ho fatto con me stessa), ma non come disabile ma come persona. Sono sicurissima che tutti i disabili abbiano le mie stesse esigenze ma, un po’ per colpa loro che si piangono addosso e fanno pesare alla loro disabilità e un po’ per chi è normodotato, succede che ci sia molta carenza verso i disabili.

Purtroppo, anche se siamo nel 2015 c’è ancora tanta ignoranza, tante barriere culturali. Io ho vissuto sempre alla ricerca di una persona che credesse in me, che mi accettasse, che mi amasse.
Io mi ero prefissata delle mete, per esempio sposarmi. Bene vado avanti fino a quando non raggiungerò l’obiettivo. Ammetto che strada facendo, si sono infilati tanti bastoni fra le ruote, tante delusioni, miraggi svaniti. Tuttavia barcollo ma non mollo, arriverò al mio traguardo a costo di dedicarvici la vita.

D: Oggi Serena è single o …? Racconta ciò che vuoi e puoi.

R: Serena oggi ha un compagno da 4 anni, anche se non siamo conviventi. Una persona che ha creduto in me, che mi sopporta con il fare di un santo. Mi ha fatta, e mi fa, sentir donna. Una donna amata, desiderata, mi fa star bene, e mi sta regalando cose che mai nessuno mi ha dato: mi ama!

Ora posso dire di essere a metà dal mio traguardo.

D: Chiacchierando mi dicevi che nutri perplessità sulla figura dell’assistente sessuale per Disabili. Da cosa nasce lo scetticismo? Non potrebbe servire a “sbloccare” quei timori che ci frenano nel proporre, spesso, i nostri corpi? Oppure pensi che la figura in se sia limitata nell’operatività?

R: Io credo che sia una bella cosa tutto ciò ma deve essere fatta bene e non sempre come tante cose vengono fatte in Italia: a metà accontentandosi sempre basta che venga fatto qualcosa o per prendere delle medaglie o il bravo che ha fatto “godere” il disabile di turno.

È il disabile dov’è? Perché si deve sempre accontentare di quello che gli viene dato perdendo sempre la dignità della propria persona?

La mia perplessità giunge dalle preparazioni psicologiche degli operatori e del disabile. Credo che se un disabile si accetta, e accetta tutto di se, non esiste il problema, il tabù del proprio corpo, credo sia più un problema di chi si deve spogliare, mettere a nudo, accanto a un corpo non perfetto.

D: Oggi hai un compagno, in passato avresti richiesto l’intervento di un assistente sessuale e, se sì, cosa ti saresti aspettata indipendentemente dalla figura che si vuole definire oggi?

R: Sì oggi ho un compagno, come dice lui, quando abbiamo parlato di questo: «Tu ora non hai bisogno dell’assistente sessuale per disabili.».

In passato si lo avrei richiesto ma solo perché non sapevo cosa era e cosa faceva esattamente, lo avrei richiesto solo per necessità in sostituzione di un amico o amica che avrebbero potuto soddisfare questa mia necessità.

Ora come ora non lo richiederei, come certo non andrei dai miei genitori come so che molti disabili fanno. Beh, mi sarei aspettata uno gigolò per una donna o una escort per un uomo che di sicuro non si limiterebbero alla sola masturbazione e, forse, a parità di prezzo.

D: La vita è maestra. Cosa cambieresti, cosa salveresti e cosa inceneriresti dell’attuale immagine che abbiamo creato del Disabile in Italia?

R: Di primo acchito direi che cambierei tutto e nn salverei niente. Incenerirei tutto ma cercherei di cambiare tutti e tutto ma partendo dalla radice. Forse se rifletto bene non mi viene in mente niente.

D: Cosa pensi dell’universo associativo che dovrebbe gestire i diritti dei Disabili ma anche un logico adeguamento ai tempi odierni per cultura, servizi e quant’altro? Non hai la sensazione che altre “minoranze” più chiassose abbiano ottenuto molto di più rispetto a noi negli untimi 30 anni?

R: Il mondo associativo, se devo dire la verità, mi fa veramente molto schifo. Direi che più che ai disabili pensano al diritto alla poltrona, alle cariche che hanno avuto del ruolo associativo. Del vero scopo credo che nessuno se ne stia occupando. No non credo che il chiasso o non chiasso ottenga di più credo, credo invece che ci sia una moda, che molti corrono dietro a questo o a quello mentre si dimenticano le vere necessità.

D: In conclusione, se potessi far avverare due tuoi desiderio cosa vorresti per te e cosa potresti volere a beneficio di tutti i Disabili italiani?

R: Per me nn vorrei niente, per i disabili italiani vorrei che ci fosse più ascolto dalle istituzioni e che la gente abbattesse tutte le barriere, architettoniche e culturali, e che noi disabili diventassimo meno ipocriti.

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About Author

Sono nato il 25 febbraio del 1963 ed a 23 anni ho coronato il mio primo sogno d'impresa: un'attività commerciale che durò per circa vent'anni. Dopo un periodo sabbatico fondai nel 2009 Ideas & Business S.r.l. che iniziò la sua opera come incubator di progetti. Nel 2013 pensai di concretizzare un sogno editoriale: realizzare un network di testate online. DisabiliDOC.it è la seconda testata attiva dal 16 febbraio 2015. Altre già pensate e realizzate prenderanno vita pubblica nei prossimi mesi. Per ora scrivo per passione come per passione ho sempre lavorato per giungere alla meta.

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