Ultimamente Disabili DOC si trova nella condizione di dover mettere in discussione una forma mentis che non ci appartiene. In questo caso non riusciamo a capire perché si debba creare un logo che dichiari la presenza di un lavoratore Disabile nell’attività e che ne sottolinei il suo valore.
Disabili DOC è una testata di proprietà di una società creata da una persona Disabile che prima ancora ha avuto altre attività fra cui un negozio, quindi un’attività commerciale aperta al pubblico. Disabili DOC pensa solo ed esclusivamente con un’ottica propria di chi vive sulla propria pelle la Disabilità. Fatta questa premessa giungiamo al dunque.
Oggi Redattoresociale.it ha pubblicato un articolo dal titolo «“Valgo anch’io”: il marchio dei ristoranti dove lavorano i disabili». Si parla di un’iniziativa promossa dalla comunità di Sant’Egidio che ha formato differenti Disabili affinché diventassero cuochi, aiuto cuochi e addetti alla sala al fine di trovare loro un posto di lavoro nelle realtà alberghiere.
L’articolo è molto bello, completo ed esaustivo, per questo, come sempre, evitiamo di ripetere una storia che potete leggere direttamente sulle pagine di Redattoresociale.it. Quello che invece ci interessa è continuare a porci gli interrogativi che ci sembrano dovuti e leciti per una cultura che oggi ancora manca.
Giungiamo quindi al punto. La comunità di Sant’Egidio ha fatto un’opera eccellente e utile, lode al merito per aver formato decine di Disabili e averli preparati al mondo del lavoro.
Fatta questa premessa dobbiamo diventare però più “cattivi” e porci il problema del perché una struttura così illuminata, dati i fatti, abbia potuto pensare di creare un marchio, una vetrofania o altro supporto per il logo, che dichiara che in quel dato ristorante lavorano persone Disabili che valgono, da questo “Valgo anch’io”.
C’è da chiedersi perché si debba dichiarare il valore di un Disabile ritenuto idoneo a svolgere il lavoro per cui è stato assunto. C’è da chiedersi ancora perché identificare con questo logo un’attività che nel 2015 ha fatto semplicemente una scelta in linea con i tempi come tante altre prima di lei.
I Disabili lavorano da anni, sia come dipendenti sia come lavoratori autonomi. Vi sono società che hanno anche investito sull’adeguamento della postazione di lavoro in base alle necessità del Disabile. È anche vero che l’aumento del numero di lavoratori Disabili è stato dato da leggi giuste ma di fatto coercitive che obbligano le società ad avere una certa percentuale di lavoratori con disabilità.
In un palcoscenico non semplice da descrivere – il mondo del lavoro per i Disabili – oggi sono presenti dei ristoranti più o meno blasonati che all’ingresso dichiarano di dare lavoro a persone Disabili.
Non è che quel bollino, quella vetrofania, serve a preparare i clienti alla visione di personale caratterizzato da differenti forme di disabilità? Non è che quell’avviso serve ad evitare di accogliere quei clienti che potrebbero creare dei problemi se serviti da persone Disabili?
Sarebbe ora di smettere di celebrare il Disabile attraverso «Diverse Abilità» che non ha e di convincerlo di quanto vale. I Disabili valgono in base a tutte le loro capacità residue, in base a quanto queste consentono loro di fare. La persona Disabile è in grado di affermarsi in base al proprio valore esattamente come qualunque altra persona, non è necessario un bollino per sottolineare che anche il Disabile vale.
Piuttosto – visto che siamo già nel 2015 e che guardiamo anche a mondi oltre la Terra – sarebbe ora non di lavorare sull’immagine del Disabile che non è mai cambiata, quanto sulla cultura di tutte quelle menti limitate che si credono ancora al di sopra di chi semplicemente ha dei deficit derivanti da una qualunque forma di disabilità.
È sempre una questione di cultura!
Sino a quando non inizieremo a spiegare alla società italiana che i «Diversamente Abili» non esistono e che i Disabili sono dei pari rispetto agli atri soggetti, tutto sarà solamente uno spreco di denaro e di energie che potrà solamente celebrare l’operato di questa o quella realtà facendolo sembrare anche utile, quando invece ha prodotto solamente l’ennesimo chiacchiericcio senza alcuna valenza culturale o sociale.
Nell’articolo si parla di Gambero Rosso, concedeteci un gioco di parole: dalla fine degli anni ’70 a oggi si è proceduto all’indietro come gamberi, all’epoca c’era una visione più concreta e fattiva di quelle che erano le necessità dei Disabili.
Image Credits: Romasette.it, Santegidio.org, Redattoresociale.it
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