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Storie di ordinaria deficienza n. 1 – Fra pedane di accesso e diritto allo studio

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Il titolo è d’effetto ma scriveremo con rispetto nei confronti di quanti hanno agito, in taluni casi, con eccesso di zelo nell’osservanza del proprio lavoro e delle normative.

Apriamo oggi una rubrica dal titolo «Storie di ordinaria deficienza» e lo facciamo sottolineando da subito la radice latina di quel vocabolo che potrebbe infastidire chi si sentirà coinvolto nella situazione.
Deficienza non è da intendersi come un insulto ma come una mancanza di un qualcosa che, di caso in caso, potrà intendersi come sensibilità, flessibilità, capacità di vedere oltre e tutto quanto ci può calare in situazioni specifiche dove le regole si devono adeguare a situazioni che di regolare hanno ben poco.

Iniziamo quindi i racconti di oggi.

La pedana dei 36 euro

Da Le Iene passando per diversi quotidiani – articolo de Il Giornale.it – è giunta la notizia di come un professionista è stato obbligato a pagare la tassa di occupazione per suolo pubblico per aver collocato, a proprie spese, una pedana in alluminio per agevolare l’accesso dei Disabili al proprio studio.

Abbiamo già detto più volte che in Italia le leggi si scrivono male e senza la chiara competenza necessaria a considerare che vi sono casi che vanno necessariamente fuori dalla norma e quindi al di la delle regole.

In alcuni casi la tassa sull’occupazione del suolo pubblico è già discutibile di per se stessa visto che coinvolge elementi anche “appesi” che di fatto non occupano il suolo pubblico. È però una legge e va rispettata.

Se però i Disabili valgono meno delle leggi italiane bisognerebbe capire che la nostra categoria non vale meno di una normativa scritta male. Non solo, bisognerebbe anche capire che chi ci sostiene investendo di tasca propria per agevolarci la vita dovrebbe essere visto dallo Stato italiano e da tutti gli organi competenti come un benefattore non dei Disabili ma di quell’Italia che negli ultimi 30 o 40 anni non si è adeguata alle nostre necessità come invece hanno fatto altre Nazioni.

Pretendere che un libero professionista – che ha già pagato di tasca propria una pedana in alluminio per poter far accedere agevolmente chi a problemi motori al proprio studio – paghi anche la tassa sul suolo pubblico è giusto perché la legge dice che va fatto ma nel contempo è un obbligo stupido che dovrebbe essere posto in deroga alla giusta causa.
In questi casi l’attribuzione della tassa è un’azione che non andrebbe applicata da chi è in grado di verificare sul posto la bontà dell’azione che vale molto di più di quei 36 euro richiesti da un bollettino di riscossione Tosap.

Se tutti i vari professionisti o commercianti investissero come ha investito il Sig. Luciano Ottavian di Conegliano in provincia di Treviso si metterebbe a norma gran parte dell’Italia a costo zero. O meglio senza utilizzare soldi pubblici che in questo momento scarseggiano.

Quindi, care Istituzioni, ben sapendo che dovete creare liquidità non andate a penalizzare il singolo che attraverso intelligenza, disponibilità e buon cuore aiuta chi ha bisogno.
Piuttosto appostatevi la domenica al di fuori degli stadi dove si giocano le partite e mettete i ceppi alle ruote a tutte quelle macchine parcheggiate nei posteggi riservati ai Disabili anche se munite del tagliando, aspettate la fine della partita e se non vi sarà un Disabile a fruire del mezzo passate al suo sequestro.
Si otterrebbero maggiori introiti dalla vendita delle vetture sequestratate e probabilmente si potrebbe insegnare anche a quelle persone in grado di camminare dove devono lasciare la macchina e come è bene comportarsi.

Numero chiuso per i Disabili in un liceo

L’edizione de Il Tirreno pubblicava ieri un articolo dal titolo «Disabili a “numero chiuso” al liceo artistico». La notizia consiste nell’impossibilità di accettare un Disabile con disturbi dell’umore come nuovo iscritto al liceo.

Non vogliamo ripetere quello che con molta cura è stato scritto da Il Tirreno. Vogliamo piuttosto fare una riflessione che potrebbe sembrare fuori dal mondo e dal tempo ma che invece è la vera risposta a molte problematiche relative all’inclusione dei Disabili nella suola dell’obbligo e non solamente.

Mi spiace ripetere cose capitate a me come scrivente ma fino a quando non ci saranno altre testimonianze dovrò basarmi su fatti accaduti a me. Io ho studiato. Ho fatto le elementari al Don Gnocchi di Milano dove eravamo tutti scolari Disabili, ho terminato le medie a Chiasso inserendomi in una classe dove ero l’unico Disabile, mi sono poi iscritto al liceo scientifico sempre di Chiasso dove rimanevo l’unico Disabile della mia classe e ho poi iniziato a frequentare la facoltà di Giurisprudenza che non ho terminato per altri interessi.

Durante tutto questo percorso non si è mai presentato il discorso della mia inclusione all’interno della classe di turno. Forse perché all’epoca non si era ancora così radicata la figura dell’insegnante di sostegno. Personalmente sono favorevole in forma molto restrittiva all’insegnante di sostegno e lo sono esclusivamente per quei casi limite dove il Disabile soffre di una patologia che lo può condurre a comportamenti che disturberebbero la classe se non fosse seguito dal vicino.

Mi spiego meglio: lo studio come il lavoro è un diritto ma, purtroppo, non tutti sono in grado di lavorare; premesso ciò vi sono Disabili con patologie che richiedono assistenza, in questo caso, – e solo in questo caso – deve essere assegnata l’insegnante di sostegno che è una figura qualificata, necessaria e indispensabile all’inclusione di quel dato Disabile nell’ambito scolastico.

Probabilmente tutte le difficoltà che oggi si incontrano nell’inclusione dei Disabili nel mondo della scuola dipendono dal fatto che si pensa che per ogni Disabile vi debba essere un’insegnante di sostegno. Non è così.

Laddove il Disabile ha delle deficienze fisiche, forse anche intellettive ma non manifesta atteggiamenti lesivi rispetto al quieto vivere della classe non bisogna affiancarlo a una figura di sostegno. Semplicemente si deve capire che i docenti debbono operare a sostegno del Disabile in un contesto dove il numero di alunni non può superare gli 8 o 10 membri per classe in presenza di un compagno con disabilità.

Così facendo si ottengono molti risultatati sia in ambito scuola sia in ambito lavorativo.
Si aumentano le classi, quindi si aumentano i posti di lavoro per i docenti molti dei quali precari in attesa di una cattedra.
Si mettono in stretta relazione tutti i compagni di classe incluso il Disabile che sarà uno di loro; io gli aiuti li ricevevo o dai docenti o dai compagni di classe e quei compagni di classe che mi aiutavano anni fa ebbero un approccio realistico con il mondo della disabilità e sicuramente avranno saputo raccontare al meglio questo stesso ai loro figli.
I docenti, ne parlo per come me li ricordo, sono figure che amano il loro lavoro e amano di conseguenza gli alunni; non è un peso offrire un aiuto ad una persona Disabile perché l’insegnante spesso è un genitore, mamma o papà, che fa a te quello che ha già fatto al proprio figlio e se così non fosse il Disabile risulterebbe un buon corso di formazione per diventare splendidi genitori.

Oggi si fa troppa letteratura mentre si fanno pochi fatti.
Non bisogna pensare a come includere il Disabile nella scuola di oggi, forse è più saggio guardare alla scuola di ieri e riprendere tutto quel buono che permetteva una maggiore inclusione senza troppi problemi.

La scuola come i genitori ha dei diritti e dei doveri e deve quindi assolvere a specifici compiti. Non può però esistere una scuola dove vi siano solo genitori che pretendono o una scuola in grado di limitarsi a quelle ultime regole che si è data.
Non è un problema di Istituto, è un problema di Istituzione. Non ci si può porre il problema: Disabile si Disabile no.
Semplicemente la scuola ha l’obbligo di istruire tutti coloro che ne hanno diritto entro i limiti del loro apprendimento.
Se chi ha gestito sino ad ora questa Istituzione – nazionale – non ha saputo organizzare una scuola per tutti che vada a casa. Purtroppo forse c’è già anche andato e purtroppo chi c’è al momento forse non pensa che dovrebbe far qualcosa in virtù di un’istruzione per TUTTI.

La scuola non è il lavoro. Sebbene il lavoro come la scuola sia un diritto costituzionale il primo si può anche non trovare ma la scuola esiste e ci deve essere per TUTTI. L’Italia non ha una carenza di insegnanti per tanto può affrontare l’argomento sopra esposto per risolvere un problema e per accontentare chi da anni aspetta di entrare in ruolo.

Se l’Italia deve fare economia che inizi a farla in quegli ambiti dove vige lo spreco e dove vi sono esuberi tali da mandare in banca rotta qualunque impresa: anche l’Italia stessa.

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About Author

Sono nato il 25 febbraio del 1963 ed a 23 anni ho coronato il mio primo sogno d'impresa: un'attività commerciale che durò per circa vent'anni. Dopo un periodo sabbatico fondai nel 2009 Ideas & Business S.r.l. che iniziò la sua opera come incubator di progetti. Nel 2013 pensai di concretizzare un sogno editoriale: realizzare un network di testate online. DisabiliDOC.it è la seconda testata attiva dal 16 febbraio 2015. Altre già pensate e realizzate prenderanno vita pubblica nei prossimi mesi. Per ora scrivo per passione come per passione ho sempre lavorato per giungere alla meta.

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