Menu

D-Giocattoli per D-Bambini: LAM! Project, intervista ad Anna Devecchi – 2ª parte

0

Dall’operosa terra del Friuli arriva la risposta al desiderio di giocare dei bambini Disabili. LAM! è la Start-Up che promette di creare giocattoli usabili da tutti.

Si conclude oggi l’intervista ad Anna Devecchi che ci ha condotti nel mondo dei giocattoli usabili anche dai bambini Disabili. Non solo, la Dott.ssa Devecchi ci ha offerto uno spunto di riflessione che dovrebbe fondersi con la coscienze di tutti: come può un Disabile integrarsi nella società se non può vivere il primo approccio con i suoi simili giocando con loro?

Stiamo parlando di giocare.

Il concetto è che se manca partecipazione al gioco non vi sarà aggregazione, amicizia e tutto quanto farà da collante anche in età adulta per rapporti stretti e armoniosi con chi è nostro simile. Anna e Giovanna – leggiamo nella 1ª parte dell’intervista – sono socie perché giocavano assieme; questo a significare che molte delle relazioni durevoli nascono con le prime amicizie, con chi gioca con noi.

Ora però torniamo però alle parole della Dott.ssa Devecchi.

D: Qualunque attività a un mercato di riferimento. Quali sensazioni ha avuto relativamente al marcato Italia e Disabili con relativi genitori? Quanto si sa del gioco usabile ed accessibile?

R: Allora, abbiamo svolto un’intensa attività di ricerca di mercato non solo in Italia ma anche in Europa e all’estero, aiutati anche da un agguerrito e preparatissimo manipolo di studenti della facoltà di Pubbliche Relazioni di Udine che ci ha affiancato con interviste in profondità alle famiglie e attraverso vari mummy/daddy (ebbene sì, all’estero esistono anche loro!) blogger!
Abbiamo in Italia soltanto l’offerta di Orso Azzurro con le quali peraltro abbiamo avuto il piacere di entrare in contatto, che consigliano attraverso il loro sito dei giocattoli esistenti a chi volesse fare regali a un bambino “speciale”.
Il resto sono ausili terapeutici o giocattoli per Disabili a costi assolutamente proibitivi e lontanissimi dal mercato del giocattolo per bambini a sviluppo tipico che potresti trovare in una GDO o in un negozio tradizionale.

Si sa poco e niente del concetto di “universal design” o “design for all”; in Italia assolutamente nulla (dalle interviste nessuna famiglia conosceva il concetto di accessibilità o affine in generale, sul giocattolo c’era il buio più assoluto), ma ci ha colpite come nemmeno all’estero ci fosse più cognizione di causa sul tema.

Negli USA e in Canada esistono realtà che hanno maggiore dimestichezza con il concetto di universal design anche applicato al giocattolo ma non vere e proprie attività produttive.

D: Avete esaminato l’offerta straniera anche di grandi catene distributive come “Toys Я Us”? Hanno una gamma di giocattoli accessibili o anche all’estero l’offerta pur essendo molto più corposa resta a cura da gestori specializzati?

R: Toys Я Us propone una sezione dedicata ai bimbi con “special needs” nel suo sito e indirizza il genitore – il compratore – in maniera più consapevole verso l’acquisto. Hanno anche testimonial di spicco che aiutano la parte marketing a far passare il messaggio in modo più efficace alla massa (star del cinema, giocatori dell’NBA, personaggi televisivi, ecc).
Sono più furbi, gli americani, hanno capito che esiste un bisogno e cercano di rispondere a quel bisogno. Va fatto presente però che pur essendo numeri differenti, si rimane sempre sul concetto base del nostro Orso Azzurro.
Esistono AblePlay o FatBrain, ma sono talmente mirati al mercato dei Disabili che nessuna mamma con bambino normodotato acquisterebbe su un sito in cui si parla di sezioni come “autismo” o “cecità congenita”!

D: La mia società, Ideas & Business, attraverso i progetti D-Consulting e Progetto “D-” cerca di coinvolgere i Disabili – il D-Mercato – come fonte di sapere specializzata. LAM! Project da chi trae gli input per definire tecniche, design e giocosità del prodotto?

R: Allora, la parte tecnica intesa come specifiche tecniche per il “design for all” lo lasciamo alle cliniche, sono loro i soli che possono dare degli input corretti, professionalmente strutturati e imprescindibili sul piano della progettazione.
Aggiungerei le famiglie di chi ha bambini disabili, perché spesso i bisogni si riconoscono solo parlando con chi affronta quotidianamente la disabilità e lo fa non solo sui libri ma sulla propria pelle.
Non ci sono interlocutori migliori di mamme, nonni, padri, ragazzini stessi, che possono dirti la loro su come migliorare un prodotto già esistente o come progettarne uno ad hoc. La parte tecnica intesa come rispetto delle normative la lasciamo a chi fa design industriale e a chi si occuperà di testare i prodotti in fase di pre produzione.
La parte design spetta alla rete di designer, illustratori, grafici, architetti che ci circonda e che interpelliamo a seconda del progetto da sviluppare. La giocosità … beh, noi e i bambini!

Con l’Associazione Incastri abbiamo modo di stare a stretto contatto con i bambini e siamo noi stesse mamme, quindi chi meglio di loro ci può dare l’ispirazione?! Forse solo quel bambino che è rimasto in noi latente e che ora sta prepotentemente tornando a galla con questo progetto!

D: Io penso che i genitori di creature Disabili possano essere la più grande fortuna per i figli se sono “illuminati” altrimenti saranno dei potenti limitatori. Anna, Dott.sa Devecchi, lei è mamma di due bimbe. Quale potrebbe essere il messaggio da dare ai genitori dei bambini Disabili affinché spronino al “diritto” del giocare?

R: Ho parlato con maestre di asilo che mi hanno detto con una vena di tristezza che proprio i genitori non accettano la malattia del proprio bambino e costruiscono intorno a lui quel bozzolo di protezione o quella campana di vetro che poi è la stessa che lo renderà un adulto ai margini della società o comunque una persona “diversa” e “da aiutare”.
Il messaggio parte dalla Anna mamma, non dall’imprenditrice né dalla designer.
I bambini sono nati per essere liberi. C’è un verso di una poesia di Gibran che amo che recita:

I vostri figli non sono figli vostri… sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.

Ritengo che nessuno debba permettersi di rubare ai bambini il loro diritto al gioco. Nessuno, nemmeno chi li ha messi al mondo. Il bambino non ha avuto il dono della vista? Aiutalo a vedere con altri occhi, prendigli le mani, fallo esplorare con la musica, la danza, fagli sentire il freddo che fa la neve sulla punta del naso, fagli scoprire cosa significa l’odore della terra dopo la pioggia.
Il bambino non può sentire la tua voce né il mondo che lo circonda? Insegnagli il linguaggio dei segni quanto prima, aiutalo a comunicare con il corpo, un abbraccio spesso vale più di mille parole a vuoto.
Il bambino non può muovere le mani? Sta seduto su una sedia a rotelle? Fagli sentire che esiste il vento tra i capelli, che ci sono le grida gioiose di altri bimbi che possono essere suoi amici, che può ascoltare storie sempre nuove e conoscerà, prima o poi, il mondo.

Perché è in quella direzione che dobbiamo andare tutti, verso l’accessibilità totale del mondo, sia questo il mondo dei bambini o degli adulti. Non diventiamo carnefici dei nostri bambini, chiudendoli in un mondo di paure e insicurezze.
Cresceranno loro stessi emarginati e non sapranno, quando lasciati soli, che direzione prendere. Siamo noi adulti, noi genitori, a dover indicare loro un percorso, tenendoli per mano, rassicurandoli, facendoli sentire come tutti gli altri.
Siamo solo noi adulti che percepiamo le differenze. Un bimbo di tre, quattro anni, non ci fa quasi caso a uno seduto in sedia rotelle, lo dico per esperienza diretta con mia figlia maggiore. Mi diceva che un suo amico al centro estivo stava su una “sedia magica”, la percepiva come una cosa curiosa, ma non di cui avere paura o diffidenza.

Questo direi, ai genitori di bimbi speciali. Che ogni bambino ha il diritto di essere messo in mezzo agli altri e crescere, giocare, imparare. Solo così sarà un uomo indipendente, intraprendente e affronterà a testa alta gli ostacoli della vita.

D: In chiusura, ci regali la chiosa che lei immagina più idonea.

R: No, ora non posso scusate, non ho più tempo per scrivere… Devo tornare a giocare!

L’intervista è terminata ma si continuerà a parlare di LAM!

La chiosa della Dott.ssa Devecchi parla da se.

Io concludo felice e impressionato da una simile decisione e determinazione. Mi dispiaccio solo di essere solamente il Direttore di Disabili DOC. Vorrei invece essere i Direttori dei maggiori quotidiani italiani perché solo così potrei dare il giusto risalto ad un prodotto che chiamiamo intervista quando invece Anna Devecchi l’ha trasformato in un messaggio di rinnovata cultura.

Ci sono persone che ricordano le parole dette da altre e persone che distribuiscono messaggi. Le parole di mamma Anna verranno ricordate.

Ora conosciamo i volti di LAM Project e la loro formazione.

LAM! – Lo Staff

1 2
Share.

About Author

Sono nato il 25 febbraio del 1963 ed a 23 anni ho coronato il mio primo sogno d'impresa: un'attività commerciale che durò per circa vent'anni. Dopo un periodo sabbatico fondai nel 2009 Ideas & Business S.r.l. che iniziò la sua opera come incubator di progetti. Nel 2013 pensai di concretizzare un sogno editoriale: realizzare un network di testate online. DisabiliDOC.it è la seconda testata attiva dal 16 febbraio 2015. Altre già pensate e realizzate prenderanno vita pubblica nei prossimi mesi. Per ora scrivo per passione come per passione ho sempre lavorato per giungere alla meta.

Partecipa

  • Leave A Reply

  • Commenti su Facebook

  • Commenta tramite Google+

    Powered by Google+ Comments