Voi, come spieghereste a vostro figlio che non può giocare come tutti gli altri bambini? Con la crescita giunge la consapevolezza e con essa ciò che è difficile accettare. Giocare è certamente la prima forma di apprendimento, non poter giocare è come dire: limito il mio apprendimento (oltre a non divertirmi!).
È crudele immaginare che un bambino non possa giocare. Io sono nato affetto da una tetra paresi spastica dovuta all’incauto utilizzo del forcipe. Ricordo i miei primi anni di vita comunque giocosi e divertenti anche grazie al supporto di una mamma maestra che si inventava tutto quanto era necessario per farmi vivere la quotidianità nel modo migliore.
Nella prima metà degli anni ’60, e negli anni immediatamente seguenti, non vi erano ancora i giochi tecnologici che invece vi sono oggi. Uno dei primi ricordi che ho è di me accovacciato sul pavimento che giocavo, in casa di mia nonna, con un catino pieno di sabbia.
Gli anni passavano e dai giochi che avevo iniziato a fare con mamma Franca giunse l’autopista che mi regalò nonno Filippo. Quel nonno nacque sul finire dell’800, la data esatta non la ricordo, ma era di una lungimiranza e di un acume incredibile.
Nonno Filippo capì subito che quell’autopista della Polistil non avrei mai potuto utilizzarla come gli altri bambini; chiamò quindi il cugino Battista e gli fece modificare i pulsanti con i quali io e i miei amici avremmo fatto sfrecciare le macchinine su quel circuito ovale fissato, anche qui per necessità, ad una plancia di legno.
Sono passati tanti decenni. Gli oggetti di tutti i giorni si sono evoluti e ne sono nati altri all’epoca impensabili. I trenini elettrici che si governavano tramite un trasformatore con una manopola che definiva velocità e senso di marcia sono diventati digitali, quindi governati da centraline che possono gestire una serie infinita di comandi specifici.
Quello che il progresso non ha ancora gestito è la convergenza di quelle che sono le piacevolezze ludiche e le caratteristiche del giocattolo con le necessità di tutti i bambini.
Le due righe precedenti esprimono una mezza utopia ma anche una grande realtà: non si potranno mai realizzare prodotti che accontentano le esigenze di tutti e di tutte le più svariate forme di disabilità. Certamente però si possono progettare giocattoli pensati per una maggiore usabilità ma soprattutto bisogna immaginare che molti giochi possono essere implementati da accessori che estraggono, che portano al di fuori dell’oggetto, molti comandi utili alla governabilità del prodotto.
Non è lecito pensare che nella confezione di un’autopista vi siano impugnature a pulsante per Disabili, sarebbe utopistico. È però legittimo immaginare di pretendere che quell’industria metta a catalogo un pulsante che non deve essere impugnato ma che si appoggia sul tavolo o sul pavimento e che può essere premuto da una mano distonica o da un piede di un bambino che forse è seduto sulla sua carrozzina ma che comunque riesce ad agire in tal senso.
Se poi questo pulsante lo decoriamo con una scrittura Braille definiamo l’utilizzo dello stesso per un Disabile ipovedente. Non solo, potremmo anche associare alla scrittura Braille dei ritorni acustici in linea con il prodotto che potrebbero addirittura rendere più emozionante il gioco stesso, questo per tutti i suoi utilizzatori che siano Disabili oppure no.
Nella mia ormai lunga carriera sono stato anche un rivenditore di articoli modellistici: trenini elettrici e accessori nonché macchinine. Ho poi ho anche gestito un’attività che produsse modelli di treni in scala ridotta di altissima qualità attraverso il marchio Proto Models. Fu però il negozio Norisberghen a darmi le più grandi soddisfazioni e attraverso questa mia attività organizzai anche due iniziative a supporto di Telethon che sensibilizzarono partendo da una carrozza ferroviaria ed una macchinina.
Come Disabile, e come esercente di quel negozio, oggi sostengo con forza che i giocattoli – e tutto quanto l’industria può generare – devono essere supportati dal concetto che siano FEP – For Every Person – e quindi non pensati per un’utenza specifica ma che siano veramente per quasi tutti.
L’integrazione di un Disabile la si gestisce, o si inizia a gestirla, dandogli la possibilità di vivere la quotidianità con i suoi colleghi “cuccioli” che così impareranno fra le altre cose a condividere gli “spazi comuni”.
A breve avremo il piacere di intervistare una mamma diventata imprenditrice per il desiderio di far giocare meglio i bambini Disabili. Disabili DOC con questo articolo inaugura un impegno che si concretizzerà attraverso proposte che nel prossimo quinquennio potrebbero far nascere una reale coscienza che porterà a produrre giocattoli FEP.
Divertitevi sin da ora, se potete, perché giocare è bello!
Partecipa
Commenti su Facebook
Commenta tramite Google+
Powered by Google+ Comments